Marzo
in uno dei suoi giorni luminosi e freddi, pian piano si avvia verso
l'oscurità cristallina, verso il silenzio dalle braccia spalancate
ad abbracciare le ultime ore di un dì breve e non lungo, non
immusonito e non pigro, caldo nel tepore di un cuore generoso e non
ingordo, agrodolce nella postura di immutati silenzi ora preziosi.
Nel
buio e non sotto la luce vivida, pensieri si riuniscono ammassandosi
sotto la sfera luminosa e tremolante di un tetto bagnato dall'umidità
collinare.
Nella
stanza si illumina la voce e gli occhi si spalancano mentre
assaporano le consapevolezze di una vita, toccando le vecchie
consuetudini mentre nuovi attimi sostituiscono sospiri già inebriati
dal passato.
I
gesti profumano di gioia, la postura anticipa il movimento e gli
arti, agili e scattanti, sottili e eleganti, aspettano i passi che
non sosteranno ma si avventureranno in cerca della semplicità e
della genuinità.
Biondi
capelli, fili d'oro ora acconciati in libertà ad accarezzare le
spalle ritte al futuro, occhi chiari e non scuri, luminosi e non
oscuri, puri al pari delle pietre preziose, si beano contemplando
l'intorno dai toni carezzevoli e non scontrosi.
Io
ti guardo e sorrido.
Io
ti guardo e non parlo.
Io
ti guardo e ritorno indietro a quel lontano giorno, una mattina di
marzo di venerdì luminosa e fredda, asciutta perché senza pioggia,
a quando tu nascesti, quando tu figlia hai illuminato con la tua voce
la nostra vita, sì, mia e di tuo padre.
Ancora
ti guardo, guardo questo presente e annuisco semplicemente e girando
le spalle, mentre mi avvio , ti guardo ancora.
Contemplo
questa pienezza che si addentra nelle profondità della mente e del
corpo coinvolgendo i sensi e sospiro, sospiro nella gratitudine del
dono.
Auguri
figlia mia!
Rita
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