Un incipit per una storia da elaborare e da trasmettere ha
sempre un esordio incerto.
Esso vaga nella mente, spaurito e sperduto, tenta con parole
poco spontanee di attirare attenzioni e partecipazioni attente.
Ma sappiamo che non tutto è facile, non tutto sorre su binari
tranquilli, su mari non in burrasca, su superficie lisce.
Le parole non seguono pensieri chiari.
Si scrivono e si annullano nella ricerca spasmodica di
argomenti, di tesi, di vicende, di tutto e di niente.
E poi, poi, la mente si rilassa, gli occhi indagano e sondano
attenti e vivi perché conoscono i tasti da digitare.
E’ un tranquillo pomeriggio di settembre e tutto non tace.
La televisione trasmette la solita commedia di Natale (lo so,
lo so siamo in autunno ma, le storie sotto gli alberi innevati e il manto
bianco e Babbo Natale compiono sulla me ancora bambina una magia che non
conosce tempo) e fuori il cielo sonnecchia pigramente in una stagione dai
colori aranciati e dal profumo di mosto sprigionato dai tini in fermentazione.
L’autunno ha il sapore di vino di vigne sicule, vigne dal
colore nutrito dal sole splendente e da una terra forte e generosa.
Il viola scuro ricorda antichi baccanali, danze succinte e
vizi e fasti.
Il giallo ricorda l’afa e colline dai pendii verdi e piene di
fichi d’india.
Serenamente guardo i dintorni e le sagome e i fruscii e
l’insieme degli elementi che compongono un puzzle naturale e straordinario.
La realtà di questo tutto mi rasserena!
Adesso il nero predomina, le tinte azzurrine spodestate dai
toni scuri e profondi.
Quando scende la notte mi ritrovo a vagare con le pupille non
stanche dietro i vetri della finestra in cerca di ombre per immaginare nuove
storie e nuove parole.
La calma appartiene a pareti chiare e accoglienti ed io
distesa (ormai è un rito) su di un comodo lettino ascolto il lento scorrere del
tempo e mi avvio (modo di dire) verso il mio domani.
Nessun commento:
Posta un commento