Un
ossimoro, una vita che nasce e una che muore, un senso di apparente
respiro, regola l’esordio di un romanzo che sin dai primi passi
incanta, invadendo il lettore di un senso di solitudine dentro una
identificazione ben specificata.
Il
protagonista, nasce e cresce, dialoga e mira e intanto si confronta
con avvenimenti che hanno peso e rilevanza storica.
Le
lacrime in un bisticcio tra gioia e dolore, un percorso che arresta
il fiato in un dipinto grottesco: la posizione e la descrizione di un
corpo riverso, colori presi a prestito che imprimono agli occhi il
tocco violento dell’istante e il successivo arrestarsi del respiro.
Da
qui tutto si svolge in azione cauta, mite, un play rallentato nella
fretta di avvolgere una pellicola destinata verso una archiviazione
che d’emozione in dolore volge e chiama.
Nei
dialoghi il lettore vede scorci della vita passata che acuiscono la
solitudine e forse un dialogo scarno tra padre e figlio, un non
conoscersi, un pudore dato dalla cultura del luogo.
Il
luogo natio, il tentativo di filtrare le radici in un dialogo
stringato e veloce, fa strada in alcuni tratti estrapolati e
sgrassati.
Particolari
taciuti, vite separate, emergono in un confronto diretto dopo
l’epilogo di una vita passata a Messina, una vita che incontra
l’altra vita a Roma: un fratello!
Evidente
la sottolineatura di due condizioni ben distinte, la rivendicazione a
sé di un pezzo di pelle che ha l’odore di casa, un voler
respingere quella solitudine respirata dai pori ormai spenti del
padre dentro l’ultima dimora e, il rifiuto, il senso di negazione
di un legame reciso per volontà e un non mai più insieme, una
litote che non nega la violenza di una postura diretta dal gesto
sprezzante.
Un
amaro rientro nell’amata città e uno sguardo vuoto a contemplare
il nulla di una luce buia dentro un cuore che ha smesso di sperare.
Un
cuore che ripercorre in una analisi cruda un ieri da “Adulto” un
ragazzo cresciuto solo dopo la morte della madre con un padre via via
sempre più violento e indirizzato a indirizzarlo verso la laurea, un
sogno, un orgoglio da esibire anche se i pugni, le cinghiate,
optional ai tanti sacrifici.
Ma
tutto ha fine quando alla violenza si specchia una violenza
esasperata che metterà fine, un punto , ai punti in testa del padre,
a monito!
Una
Sicilia solitaria, permeata da eventi luttuosi, storici, descrizioni
quasi a caso ma d’impatto, l’autore sottolinea usando colori
spenti in una luce dalle tante voci di una città che incontra
un’altra città, altra realtà tra cacofonie e dissensi, tra verità
e negazione e intanto tutto scorre in qualche accenno di dialetto e
un barcamenarsi in passione e logica in una atmosfera dal gusto
azzurro, cielo meraviglioso e uno stretto invitante costante nel
pensiero in un andirivieni ballerino: il futuro, il lancio dalla
vecchia vita alla nuova, una rappresentazione di orme traballanti in
un terreno vergine, il ripetersi di un rito che nel passato ha ancora
un futuro.
Una
scrittura fluida, dai colori mai spenti che si alternano freddandosi
nei limiti imposti da distanze e eventi e pensieri opprimenti.
Un
discorso chiaro, arricchito dalla retorica che fa risaltare lo stile,
i tratti conosciuti e guardati con occhi distratti, una voce che fa
ascoltare uno spaccato che è comune e occultato da reticenze e
inutili ideologie in una estate che si riempie di un uomo alla
scoperta di sé sfiorando e colmando una anima che in parole
silenziose raggruma la potenza dell’essenza.
Rita
Vieni
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