Nubi pesanti
oscurano il cielo, invadono gli spazi verdi dal respiro affaticato.
Ubriaco di
umidità, condensato da stille pesanti, rilascia il peso suggerendo d'indossare
capi pesanti in questa primavera non giocosa con in mano l'ombrello e la stizza
per il tempo avverso.
Fuori piove, lo
sguardo annega tra le gocce incontinenti sui vetri appannati dal fiato, dal
sospiro, dalla voce emessa per sibillini morfemi.
Fuori piove.
Piove fuori.
Il capo non si
abbassa, gli occhi non furtivi nuotano tra le pozzanghere, tra gli spazi
rumorosi di auto in corsa, nei marciapiedi odorosi di pioggia fredda, tra i
colori solitari di ombrelli in fretta o in sosta presso tettoie in attesa di
orme.
La pioggia si
abbatte.
Si abbatte la
pioggia, poggiando sul grigio asfalto, sull’inodore e madida terra nuda, sui
rami senza foglie, nudi nei rami secchi e marci dal lungo inverno.
Si abbatte la
pioggia e la lenta cadenza è la nota ripetuta in uno spartito vivo.
Quanto velato di
grigio e malinconico è questo cielo!
Quanto colore
scolorito e opaco in questa collina dalle cime percosse senza furia e violenza.
Lenta, lenta,
cade la pioggia, lentamente scende e si assorbe, lentamente e gentilmente tocca
le radici franose che come vecchi ruderi resistono sfidando l'incuria,
l'attimo, l'ora, l'eternità.
Piove, piove e
piove, ancora e ancora mentre il leggero soffio gelido sfiora la pelle
raggrinzendosi in un istante lungo un intenso battito di ciglia.
Ecco, le pupille
odono inspirando la maestosità del luogo, l'intensità del momento, l'importanza
dei suoni e il dire imperioso quanto suadente: la vita sosta e fugge, mira e
sfiora e respira e si allontana allungando il respiro o sottraendo i singulti
nel corso di un giorno dalla pioggia incessante, cessando il battito frenetico
di un cuore o invogliando per corse durevoli e laboriose.
Quanto lungo
questo dire?
Quanto un
momento di quiete in una ragione che cerca ragioni nel suo esistere!
Rita Vieni
Nessun commento:
Posta un commento