Scaglio lontano
una pietra piatta.
Eccola giungere
oltre il silenzio, oltre la vista che preclude lo sguardo, oltre
l’immagine che a me porta, mentre la porta dell’infinito s’apre
e i suoi profumi invadono i miei sensi.
Oltre me stessa,
oltre il limite concessomi, cieli sereni e velati, misteri e libertà,
sogni del cuore non infranti, oltre l’infinito il bacio del
principe azzurro.
Oltre la pietra
piatta, il tonfo ne è attutito dalle nuvole in sosta, la visione
chiude allo sguardo apre in agnizione, senza cleuasmo, senza il
non ritmo vitale.
Rapita, dentro
l’infinito, volgo lo sguardo e a me conduce, vedo occhi, luci e non
voci, ma l’eco del mondo affievolito e stanco mormora di affanni,
corse e inganni.
Ho scagliato
lontano una pietra piatta, oltre la vista che preclude lo sguardo,
mai male essa vuole, solo sostare senza lamenti e isolamenti, senza
paure, sangue e angosce a udire.
Ma essi giungono
senza bussare!
Qui ove risiede l’urlo del mondo, il perdono è concesso, ma giunto
da eco non basta, pietà e fede a compagnia fedeli per raccogliere la
pietra piatta.
Ho scagliato una
pietra piatta oltre il limite che porta alla porta dei non più
inganni, alla dimora del silenzio, alla casa della pace, al pianto
del perdono, al conforto dell’eternità che giungerà a reclamarmi.
Adesso vuota di
quella pietra scagliata in attesa di me, il buio, i dubbi,
arroventati dalla luce, dal qui inondato di sole, annuvolato dai
venti che preparano tempesta, incenerisco e seppellisco ogni affanno.
Ho scagliato una
prima pietra piatta, altre ne scaglierò, traccerò il sentiero
dell’oltre: addobbate parole mute, mi trascinano lentamente.
Rita Vieni
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